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 Capitolo III - Un destino comune all'orizzonte

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Vitt
Venerabile Pollo di Gomma
Vitt


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MessaggioTitolo: Capitolo III - Un destino comune all'orizzonte   Capitolo III - Un destino comune all'orizzonte Icon_minitimeLun Mag 24, 2010 9:22 pm

“Don!”
Ancora stordito dall’esplosione, guardai in basso, oltre il parapetto, e vidi la figura massiccia di Marlon Beck che si protendeva verso l’alto, lo scudo levato a coprirsi dalle frecce che piovevano dal cielo. “Don!”, urlò nuovamente, mozzando di netto la testa ad uno degli incappucciati che assaltavano le mura del castello a ondate regolari. Il suo volto era coperto di sangue. L’elmo gli era volato via dalla testa, scoprendogli i folti capelli biondi. Lo sguardo spiritato, menava fendenti con la lunga spada anche quando non c’era nessun nemico da abbattere. Era allo stremo delle forze e la battaglia aveva evidentemente logorato i suoi nervi d’acciaio.
“Marlon!”, urlai a mia volta, recuperando la spada che mi era caduta a terra e precipitandomi giù per gli stretti scalini in pietra del muro ovest. Urtai una coppia di miei commilitoni che saliva verso gli spalti e urlai loro di preparare gli arcieri, ma non potei giurare che mi avessero sentito. Intanto continuavo a scendere i gradini di volata, nella speranza che non fosse troppo tardi.
Raggiunsi la piccola porticina nascosta che conduceva all’esterno e la spalancai con slancio. Nello spiazzo polveroso antistante le mura del castello, Marlon Beck se la stava vedendo con tre di quei maledetti incappucciati, e stava avendo la peggio. I sibili provenienti dai loro cappucci avevano un’aria solo un po’ meno minacciosa delle aste magiche che brandivano contro il mio fratello di sangue. E Marlon, come ci si sarebbe giustamente aspettato dal più possente di noi, agitava la spada contro di loro, sfidandoli a combattere. Ma questi aspettavano, limitandosi a tenerlo circondato e sotto il tiro delle loro diaboliche armi.
“Ehi!”, proruppi, stringendo un po’ più forte l’elsa della mia spada. Solo uno degli incappucciati si voltò verso di me, lentamente come se si stesse muovendo sott’acqua. Mi puntò l’asta magica al volto e iniziò ad avvicinarsi, sibilando in un leggero turbinio della sua veste color prugna.
“Dove sono gli arcieri?!”, mi domandai, iniziando a sentire i sudori freddi. Il castello non era stato ancora espugnato; la battaglia era stata cruenta e molti uomini erano morti sotto gli ordigni esplosivi lanciati dalle catapulte nemiche, ma eravamo ben lontani dal dover ammettere la sconfitta. E gli arcieri, comunque, ancora non erano entrati in gioco, quindi la loro potenza bellica era ancora tutta da sfruttare…
“Sì, ma allora dove sono?!”, mi domandai nuovamente, mentre l’incappucciato finiva di avvicinarsi a me, l’asta magica protesa.
“Ssssir Drumsssstick del Ssssacro Ordine…”, disse l’incappucciato, sforzandosi di parlare nella mia lingua. “La vosssstra ora, infine, è giunta. Deponi la sssspada e conssssegnati a me, o ssssarai condannato a qualcossssa di ben più orribile della morte…”
Assunsi la posizione di guardia e cercai di guardare spavaldamente negli occhi l’incappucciato; cosa impossibile, giacché non v’erano occhi da guardare, coperti com’erano dal cappuccio. “Non consegnerò mai me stesso e i miei fratelli a un… qualsiasi cosa tu sia!”, dissi fieramente, preparandomi ad attaccare.
In quella, mi accorsi di non essere più in grado di muovermi. Ero paralizzato nella posizione di attacco, condannato a poter muovere soltanto gli occhi; e vidi che l’asta magica dell’incappucciato riluceva di un sinistro bagliore violaceo… un bagliore che, prendendo la forma di un sottile serpentello di luce, mi stava avviluppando tutto.
“Ssssei mio, ora!”, proclamò l’incappucciato, con un tono di non poca soddisfazione nella voce aliena. “Ssssiete tutti miei!”
“Donald!”, sentii Marlon urlare, ma non potei rispondergli. I due incappucciati rimasti a tenerlo sotto tiro erano stati raggiunti da una mezza dozzina di compagni, così che ora il mio migliore amico e fratello si trovava completamente circondato da bagliori viola.
“L’ora della vendetta ha bussssato alla vosssstra porta, nobili Cavalieri!”, continuò l’incappucciato che mi teneva imprigionato. “Il prezzo che pagherai per la tua ssssuperbia, ssssir Donald di Drumsssstick, ssssarà quello di vedere fino alla fine la morte dei tuoi fratelli… e sssscoprire chi ti ha tradito!”
Avrei strabuzzato gli occhi per lo sgomento, se solo non fossero già stati spalancati. Cercai di liberarmi dal diabolico abbraccio luminoso che mi teneva immobilizzato, ma fui solo in grado di mugolare come un animale in trappola. Quand’ecco che, da qualche parte sopra la mia testa, sentii il vociare di molti uomini, seguito da un ordine imperioso: “Caricare gli archi!”
Gli arcieri erano finalmente sugli spalti, pronti a far fuoco sul nemico! Non mi fu possibile sorridere, ma i miei occhi fecero lo stesso un buon lavoro.
“Tirate!”
La prima freccia si conficcò nel terreno, a pochi centimetri da uno degli incappucciati che circondavano Marlon. La seconda volò nell’aria e trafisse il mio amico al torace. La terza lo raggiunse a una gamba, quando già si stava accasciando al suolo con un urlo di dolore. Gli incappucciati si allontanarono lentamente, continuando a tenerlo sotto tiro con le loro aste magiche. Altre due frecce mancarono il bersaglio, poi l’ultima colpì nuovamente il torace del mio fratello di sangue, e Marlon Beck morì da eroe.
“Noooo!”, urlò la mia mente. L’incappucciato davanti a me inclinò lievemente la testa, come reprimendo un sorriso che non potevo vedere. Improvvisamente, altre voci tonanti si levarono sopra la mia testa, riempiendo l’aria: “Cavalieri dell’Ordine! Abbattete i traditori!”, e iniziò il caos… un caos che, in larga parte, non potevo vedere.
Frotte di incappucciati sbucarono dal nulla, correndo verso le mura del castello e prendendole d’assalto con le scale. Una ventina di Cavalieri uscì dalla porta segreta e diede battaglia, mentre sugli spalti lo scontro tra fedeli all’Ordine e traditori infuriava come non mai.
L’incappucciato venne a pochi centimetri dal mio volto, come preparandosi a darmi un bacio sulla guancia, e disse: “E’ la fine… Ressssterai ssssolo tu… E quando tutto ssssarà finito, morirai per mano mia!”. Dopodiché mi lasciò lì, ad ascoltare l’ultima battaglia che ognuno di noi avrebbe mai più combattuto; ad ascoltare i miei amici…


… morire!”, urlai.
Mi riebbi di scatto, riemerso da un sogno denso come melassa. Mi doleva una guancia e me la massaggiai, stordito, mentre con fatica cercavo di riconoscere il luogo nel quale mi trovavo.
“Ti chiedo perdono”, disse la voce del vecchio Cavaliere, “ma ho dovuto colpirti, o avresti potuto farti del male…”
Mi voltai verso il mio maestro, sempre più confuso. Ci trovavamo in un antro gigantesco, illuminato fiocamente da torce. In lontananza, un lieve rumore di acqua scrosciante tradiva il fatto che l’ingresso della grotta fosse nascosto da una cascata. Contro una delle pareti stava un tavolino di legno rabberciato, sul quale trovavano posto una spada, un elmo e un mantello scarlatto. Il Cavaliere si trovava a pochi metri da me e mi guardava con calma, ma non potei fare a meno di notare che teneva la mano sull’impugnatura della propria spada.
“Che cosa… che cosa mi è successo?”, domandai.
“Hai avuto una visione”, rispose tranquillamente il Cavaliere. “Questo posto è un catalizzatore di energie, ragazzo, e a volte può capitare di intravvedere il Grande Mistero dietro al Velo. Appena siamo entrati qui, sei caduto a terra come una pera cotta e hai iniziato a straparlare. Per un attimo, ho avuto paura…”
“Straparlare…?”, biascicai. “Io? Ma io non… Intendo dire… Che cosa…?”
“Hai visto il passato, Vitt”, disse il Cavaliere, indurendo i tratti aguzzi del volto. “L’ultima battaglia combattuta dai Cavalieri del Pollo di Gomma, invero!”
Esalai un respiro pesante. Iniziavo a connettere con più lucidità e la guancia non mi faceva più troppo male. “L’ultima battaglia?”, ripetei. “Ma come fai a sapere…?”
“Ho combattuto anch’io, quella battaglia”, disse il Cavaliere. “E’ passato molto tempo, ma ancora ricordo il nome di Marlon Beck, che il Pollo di Gomma lo abbia in gloria! E nel tuo delirio, hai pronunciato anche il suo nome…”
Riflettei un momento. “Ero un Cavaliere”, dissi. “Nella visione, intendo. Andavo in aiuto di questo Marlon e… non potevo impedire che finisse ucciso… che finissero uccisi tutti gli altri…”
“I Signori delle Prugne, quel giorno, distrussero l’Ordine dei Cavalieri del Pollo di Gomma”, interloquì il Cavaliere. “Il loro campione ridusse all’immobilità il nostro leader, costringendolo a guardare senza poter fare niente…”
Trattenni il fiato. “Vuoi dire che ho guardato attraverso gli occhi del vostro leader?!”, proruppi, sconcertato. Era una rivelazione!
Il Cavaliere mi guardò con estrema concentrazione, come se stesse studiando un enigma particolarmente difficile. “Non è da escludersi”, disse poi, stranamente meditabondo. “Forse sei davvero destinato a rifondare l’Ordine, ragazzo mio. Non può essere un caso che tu abbia vissuto in trance il capitolo più drammatico della nostra storia, per di più attraverso gli occhi di Don Cosciotto!”
Per la sorpresa, per poco non mi misi a ridere. “Don… Don Cosciotto?!”
“Era il soprannome del nostro leader”, disse il Cavaliere, severo, costringendomi a tornare serio all’istante. “Donald Drumstick, fondatore e baluardo dei Cavalieri del Pollo di Gomma. ‘Don Cosciotto’ fu uno scherzo coniato da Marlon Beck e, naturalmente, tutti lo trovarono incredibilmente divertente. Al punto che lo stesso Drumstick iniziò a usarlo come nome da battaglia… Ma, si sa, lui e Marlon erano amici per la pelle, fratelli di sangue, e non sarebbe mai esistito scherzo o litigio che avrebbe potuto dividerli”
“Deve essere stato tremendo!”, considerai. “Assistere alla morte di tutti i propri amici, dico. E di Marlon in particolare. Ma alla fine, Don Cos… Drumstick, è stato ucciso anche lui? Lo hai visto? E come hai fatto, tu, a salvarti? Come…?”
“Non è il momento di fare domande, ora!”, mi interruppe il Cavaliere, levando una mano. “Abbiamo poco tempo e il Pollo di Gomma sta per giungere. Egli ti giudicherà e in base al suo giudizio, noi agiremo. Ci sono forze più grandi di quanto possiamo immaginare che vorticano sulle nostre teste, e il destino dell’Ordine e di noi tutti dipende da quanto sta per accadere in questo luogo”
“Ma…”, tentai di protestare.
“Niente ma. Potrai farmi tutte le domande che vuoi, dopo il giudizio del Pollo di Gomma. Per il momento, cerca di pazientare. Non c’è quasi più tempo…”
“Ma…”
“Non c’è tempo neanche per questo! Andiamo!”. E, presa una torcia, mi condusse verso il fondo della caverna. La parete in pietra che ci sbarrò il cammino non differiva dalle altre pareti, tranne che per un particolare: questa era disseminata di nomi scritti col gesso; centinaia, migliaia di nomi vergati in stampatello, la maggior parte cancellati con una riga, gli ultimi tre ancora intonsi. E tra questi tre, c’era il mio.
“Ma cosa…?”, iniziai a dire, ma un intenso bagliore, scaturito dalla torcia che il Cavaliere teneva in mano, mi ammutolì all’istante. Caddi in ginocchio, facendomi scudo sugli occhi con le mani. La luce crebbe e crebbe d’intensità, fino a riempire la caverna di un lampo accecante.
Quando la luce si spense di colpo, l’aria attorno a me era cambiata. Era elettrica, carica di un potere che faticavo a mettere a fuoco, ma che avrei potuto definire mistico. Il silenzio era rotto solo dal mio pesante ansare. Mi tolsi le mani dagli occhi e mi rimisi in piedi, cercando il Cavaliere, ma il mio maestro non c’era più. Il Pollo di Gomma era arrivato.
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