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 Capitolo II - Un tuffo e un'investitura anticipata

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Vitt
Venerabile Pollo di Gomma
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MessaggioTitolo: Capitolo II - Un tuffo e un'investitura anticipata   Capitolo II - Un tuffo e un'investitura anticipata Icon_minitimeVen Mag 21, 2010 7:40 pm

L'aria nei miei polmoni si trasformò improvvisamente in un macigno gelido. L'onda di freddo incandescente mi invase il cervello, come se mi avessero versato nelle orecchie piccole scaglie di ghiaccio, e il risultato istantaneo fu di non essere più in grado di formulare un pensiero coerente. Mentre agitavo le braccia, annaspando alla cieca e sollevando mille spruzzi, non pensai: "E' finita!", "Sono troppo giovane per morire!", o "Perché devo proprio annegare con una stupida teiera in testa?!". Il terrore aveva riportato le mie capacità intellettive allo stadio primario della sopravvivenza. Così, mentre la teiera in ghisa che fungeva da elmo mi trascinava in basso, negli oscuri recessi del lago di montagna dove io e il Cavaliere avevamo preso l'abitudine di tenere i miei allenamenti, pensai: "Mmmrrggghhh!" e una piccola parte di me sospirò amaramente alla prospettiva che quello sarebbe stato l'ultimo, glorioso pensiero di colui che reggeva tra le mani le sorti dei Cavalieri del Pollo di Gomma.
Espirai le ultime bolle d'aria che ancora conservavo in corpo e mi apprestai a bere, nel drammatico preludio all'annegamento ormai imminente. Fine dei giochi. Era finita. Era...
Un paio di mani artritiche si tuffò nell'acqua, cercandomi. Le afferrai di slancio, mentre ingoiavo la prima sorsata d'acqua gelida. Visualizzai nella mente l'immagine del vecchio Cavaliere, mio mentore, che come nelle antiche leggende del Pollo di Gomma si buttava all'eroico salvataggio, forte come dieci uomini e temerario come un drago. Mi avrebbe sollevato senza sforzo e riposizionato sulla barchetta dove ci allenavamo a dare di spada; avrebbe appoggiato una mano callosa sulla mia spalla tremante e avrebbe sorriso benevolmente senza dire nulla, per non sottolineare il mio fallimento e non farmi pesare il fatto di essere stato salvato da un vecchio. Ma non me ne sarebbe importato niente comunque, perchè ero salvo! Ero...
Il Cavaliere piombò in acqua insieme a me, trascinato dal peso del sottoscritto e della teiera in ghisa che ancora portavo in testa. Nel turbinio di acqua e bolle, lo vidi annaspare come una vecchia marionetta di legno. Poi, si aggrappò a me come ad un salvagente, piantandomi le mani in faccia e uno stivale nel costato, nel tentativo di usarmi come scala per ritornare in superficie. Il suo mantello mi si avviluppò intorno alla testa e al collo, strangolandomi, mentre un ginocchio ossuto del Cavaliere mi colpì alla base della mascella, tramortendomi. Inghiottii un’altra abbondante sorsata d’acqua (sperando, assurdamente, che nessuno avesse fatto pipì nel lago, di recente) e mi abbandonai all’oblio. Era finita. Era…
“Hey!”
L’urlo proveniva dal cielo, sopra le nostre teste. Lo registrai marginalmente, colonna sonora ovattata nel turbinio di una morte violenta. Insieme all’urlo sembrava essere scesa una strana oscurità, come un’ombra munita d’ali che oscurava il sole pallido della prima mattina. “Skrieeek!”, tuonò l’ombra, e riconobbi il canto catarroso e sgraziato del drago grifone. Mentre i miei muscoli si rilassavano in prospettiva dell’ultima resa all’annegamento, considerai che solo un uomo possedeva tanti soldi, al villaggio, da potersi permettere un drago grifone: Zeus lo stalliere. E si sapeva che Zeus “Ex-Machina” non faceva mai niente per niente.
“Hey!”, ripeté forte la voce nasale dello stalliere, mentre il mio terzo sorso d’acqua mi ottenebrava la vista e mi spalancava le porte verso i campi di là del mondo. Il drago grifone era sceso al pelo d’acqua e Zeus si protese sulla sua superba cavalcatura, a guardarci incuriosito.
“Che fate, nobili signori?”, lo sentii dire pacatamente, quasi con una punta di divertimento nella voce. E nell’ultimo residuo di forze che riuscii a trovare, sbracciai verso la superficie e tentai di urlare, di afferrare quello spiritosone per la collottola e strattonarlo finché non avesse sputato quello stupido sorriso dalla faccia arrossata dal sole.
E difatti mi alzai, accecato dall'ira, e corsi verso di lui per attuare il mio proposito. Fu solo dopo aver compiuto alcuni passi che mi fermai di botto, lasciai ricadere le braccia sui fianchi e mi guardai i piedi. L'acqua del lago, così vicini alla riva, mi arrivava poco sotto le ginocchia. Mi voltai verso il Cavaliere e lo vidi immobile come me, distante un paio di metri, con il tipico sguardo di chi si è appena reso conto di essere entrato in chiesa con null'altro se non i calzini addosso. Non potevo biasimarlo.
Zeus "Ex-Machina" mi sorrise come si sorride a un povero ritardato e disse: "Ragazzo... Fa parte anche questo, del vostro allenamento?"
Avrei preferito annegare davvero, a quel punto. Ma sollevai la testa, caparbiamente, e risposi: "Esattamente, messere... 'Salvataggio della donzella che annega', era la lezione di oggi!"
Lo stalliere rise rumorosamente, facendo innervosire il drago grifone. "Sei sveglio, davvero!", disse. "E la faccia di bronzo, certo non ti manca! Mi piaci, giovane Cavaliere!". Poi, esibendosi in una poco aggraziata (ma funzionale) manovra, smontò di sella e si avvicinò al vecchio Cavaliere, perdendo all'istante qualsiasi traccia di giovialità. I due confabularono per qualche secondo, scambiandosi un piccolo rotolo di pergamena gualcito, e infine si salutarono toccandosi il mento tre volte.
"Arrivederci, ragazzo!", disse Zeus dopo che fu rimontato in sella al drago grifone. Sorrideva di nuovo, ma i suoi occhi no. Tirò dolcemente le briglie e il mostro alato sul quale sedeva si voltò, preparandosi a spiccare il volo. "Credo che ci rivedremo presto...", concluse lo stalliere poco prima di piantare i talloni nei fianchi del drago grifone. Pochi istanti dopo erano scomparsi nel cielo freddo del mattino.
Il Cavaliere se ne stava immobile, i piedi a mollo, a contemplare il nulla. Non sembrava il momento adatto per disturbarlo, ma ero anche tremendamente curioso. Così mi avvicinai e gli chiesi, con estrema cautela: "Cattive notizie?"
Il mio vecchio mentore non parve udire la domanda e continuò a fissare un punto imprecisato davanti a sè, le sopracciglia aggrottate. Quando mi ero ormai deciso a ripetere la domanda, parlò senza guardarmi, la voce bassa e senza inflessioni come quella di un sonnambulo.
"Cattive notizie, sì...", disse. "E prima di quanto mi aspettassi. Sapevo di non avere troppo tempo a disposizione, ma non credevo ne fosse rimasto così poco...!"
Restai in silenzio, trattenendomi dallo scaricare addosso al Cavaliere quintali e quintali di domande. Dopo un minuto intero di silenzio, il vecchio si voltò a guardarmi e parve più presente, come ridestato da una trance. "Dovremo anticipare la tua investitura, ragazzo mio... Domani! E che il Pollo di Gomma ci aiuti in quest'ora difficile!"
Rimasi di stucco. Il Cavaliere mi aveva chiesto, dopo l'ultimo incidente alla taverna del signor Fried, se fossi stato realmente intenzionato a seguire le vie del Pollo di Gomma; sarebbe stato un percorso lungo e difficile - mi aveva spiegato -, che avrebbe avuto come primo punto d'arrivo la mia investitura a Cavaliere. Ma prima di diventare sir avrei dovuto sottopormi a un duro allenamento di sei mesi, superare le Cinque Grandi Prove e sottomettermi al giudizio finale del Pollo di Gomma in persona. Ma il mio addestramento era iniziato solo tre settimane fa ed io indossavo una teiera in ghisa perché non ero ancora pronto per usare un elmo vero! Non potevo diventare Cavaliere in quel modo, non così presto!
Il Cavaliere, tornato a guardare l'infinito, mi poggiò una mano callosa sulla spalla e, come se riuscisse a leggere i dubbi che mi si agitavano nella mente, disse: "Sì, figliolo... E' consigliabile cambiarsi la biancheria, prima di incontrare il Pollo di Gomma"
E mentre il sole saliva nel cielo limpido, davanti a noi, seppi che il Cavaliere non leggeva nel pensiero. O forse... sì?
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