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 Capitolo VI - L'ultimo Cavaliere

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Vitt
Venerabile Pollo di Gomma
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MessaggioTitolo: Capitolo VI - L'ultimo Cavaliere   Capitolo VI - L'ultimo Cavaliere Icon_minitimeMar Giu 22, 2010 1:35 pm

Mi girai velocemente su un fianco e riparai dietro una roccia, cercando di scorgere il cecchino che ci tirava addosso. Il Cavaliere giaceva davanti alla cascata, il costato trafitto da una freccia; tentava di estrarre la spada dal fodero, ma l’asta di legno che gli attraversava il corpo gli rendeva impossibile portare a compimento l’operazione.
Dagli alberi si mosse qualcosa, circospetto. Tesi ogni nervo, pronto a balzare in avanti e ad agguantare l’aggressore. Mi accorsi di essere completamente disarmato, allora afferrai un sasso di ragguardevoli dimensioni e lo saggiai brevemente, considerando che sarei stato in grado di spaccare la testa a chiunque si fosse avvicinato al mio maestro. L’avrebbero pagata! Oh!, se l’avrebbero pagata.
Fu un Nano massiccio, quello che venne avanti dalla foresta. Non sembrava affatto un arciere, e infatti non lo era, a giudicare dal bastone nero che impugnava con entrambe le mani. Indossava una veste da stregone, casacca e pantaloni di pelle arancione, e un diadema in ferro gli cingeva la fronte. Già pronto a lanciare il sasso, abbassai la mano e rimasi a guardare, pieno di stupore: che il Pollo di Gomma mi potesse fulminare se quello non era un mago, per giunta nanico!
Lo straniero rimase fermo al limitare della cinta di alberi e annusò l’aria come un segugio. Poi fece un gesto rivolto a qualcuno che non potevo vedere e riprese a camminare, molto lentamente, verso il Cavaliere.
“Conviene che tu esca, ragazzo!”, urlò il Nano mentre camminava. La sua voce era stranamente acuta, per nulla adeguata alla poderosa cassa toracica di cui disponeva, ma non per questo risuonò meno ferma e autoritaria. “Sappiamo che sei ancora nascosto qui intorno e che stai pensando a come proteggere il tuo maestro! Ma se non vuoi che Sara ti riduca a un colabrodo, ti consiglio di uscire…!”
Senza veramente pensarci, mi alzai dal mio nascondiglio e feci un passo avanti, stringendo ancora convulsamente il sasso nella mano destra. Il mio cuore pompava con violenza, ma ad un ritmo molto lento, così che ero in grado di avvertire ogni singola scarica di adrenalina attraversarmi il corpo, quasi stordendomi. Non provai a parlare: sarebbe stato alquanto imbarazzante emettere squittii inconsulti di fronte al nemico. Così rimasi in silenzio, cercando di mostrarmi coraggioso e di esibirmi nel mio migliore sguardo penetrante.
Il Nano si fermò, guardandomi con una sottile punta di divertimento. Annuì, carezzandosi la barbetta color ruggine, e disse: “Ora stattene buono buonino lì e lasciami parlare con il mio vecchio amico…”, poi fece due ultimi passi e raggiunse il Cavaliere che, steso in terra, ancora tentava di sguainare la spada.
“Non darti troppa pena, matricola”, disse il Nano, inginocchiandosi accanto al mio mentore. “Più ti agiti e peggio è. La ferita è brutta e non ti rimane troppo tempo da vivere… considerando la tua età e il muco di raptor con il quale è intrisa la punta della freccia che ti ha trafitto”
“Vai al diavolo!”, gorgogliò il Cavaliere con un refolo di voce. E, inaspettatamente, il mio corpo reagì da solo. Mi lanciai contro il Nano, incurante del cecchino nascosto tra gli alberi che sicuramente mi teneva sotto tiro. Tutto quello che mi importava era sottrarre il Cavaliere al nemico, costasse quello che costasse.
Il Nano non si scompose. Sollevò due dita e me le puntò contro con noncuranza, un’espressione lievemente spazientita sul volto grassoccio. Mi bloccai sul posto, pietrificato dalla paura di essere trasformato in un rospo, e solo dopo un paio di secondi mi accorsi che non era successo assolutamente nulla.
“Ma cosa…?!”
“Quale parte ti è sfuggita dello ‘stattene buono buonino’?!”, disse il Nano, come se stesse rimproverando un cagnolino che ha fatto pipì sul tappeto buono della zia. “Mi era sembrato di esser stato abbastanza chiaro, ragazzo!”
Tentai di obiettare qualcosa e spostai il peso del mio corpo da un piede all’altro. Così facendo, sfiorai con la tempia una freccia sospesa a mezz’aria, pochi millimetri dalla mia testa. Sobbalzai come se avessi visto uno spettro. Il Nano fece una smorfia di disgusto e abbassò le dita che ancora teneva levate; la freccia cadde inerte al suolo, liberata dalla magia che l’aveva bloccata in volo.
“Questo è l’unico avvertimento che riceverai”, concluse il Nano, nella mia direzione. “La prossima volta che giocherai a fare l’eroe, lascerò che Sara ti buchi quella testaccia vuota che ti ritrovi!”. E, detto questo, riportò l’attenzione verso il Cavaliere.
“Ora… voglio che tu risponda alle domande che ti farò, senza obiettare. Il tuo giovane amico è sotto il tiro della migliore arciera che si sia vista in queste contrade e, credimi, ho potuto sperimentarlo in prima persona! Soddisfa la mia curiosità e il tuo amico non avrà nulla da temere… Almeno, non oggi!”
Il Cavaliere tossì, mentre cercava di ridere amaramente. “Non avrà nulla… da temere?!”, disse. “Detto da un Marchese delle Albicocche… e considerando che mi hai colpito a morte… beh, non mi rende per niente tranquillo!”
Strabuzzai gli occhi e trattenni il respiro. Avevo ancora in mano il sasso col quale mi ero riproposto di spaccare il cranio al Nano, ma ormai giaceva dimenticato nel mio pugno. Un Marchese delle Albicocche! Un membro della Triade Marcescente!
“Allora è vero! Il tuo protetto è Vitt Goodchicken!”, stava esclamando il Nano, portando per un secondo gli occhi su di me. Mi sentii a disagio, come se lo stregone mi avesse visto mentre facevo la doccia, ma cercai ugualmente di sostenere il suo sguardo. “Lo hai già nominato Cavaliere, non è così?! Dannato vecchio! Ora sarà tutto più difficile…!”
Non riuscivo a raccapezzarmi. Stavo assistendo a un dialogo che non riuscivo a comprendere, ma che intuivo avrebbe avuto dei risvolti fondamentali. Tossicchiai sommessamente per richiamare l’attenzione, ma il Nano mi ignorò. “Gli altri due si sono già fatti vivi?”, chiese al mio maestro, con trepidazione. “Hanno già reclamato il rango di Gran Chicchirichì?”
Il Cavaliere scosse debolmente la testa. Cominciava ad essere molto pallido per via dell’emorragia.
“Poco importa, invero!”, riprese il Nano. “L’Investitura sarà come un faro nella notte, per gli altri Candidati. Non tarderanno a mostrarsi…”
Tossicchiai nuovamente, una decina di domande nella testa, ma invano.
“Gli hai già parlato della Convergenza?”, stava chiedendo il Nano. “E’ al corrente della situazione nella quale lo hai cacciato? O, come al solito, la matricola ha pensato bene di muovere le proprie pedine lasciandole completamente all’oscuro?”
Il volto del Cavaliere si raggrinzì come se avesse morsicato un limone.
“Maledizione, Drumstick!”, esclamò il Nano. “Come pensavi che questo imbecille potesse rifondare l’Ordine dei Cavalieri del Pollo di Gomma, senza sapere della Convergenza?!”
“Ehi!”, esclamai, offeso dell’epiteto affibbiatomi dallo sconosciuto. Poi, quando nella mia mente galleggiò quel cognome, Drumstick, quasi urlai: “Cosa?!”
Il Nano continuò a ignorarmi. “Stai perdendo molto sangue, Don”, disse al Cavaliere, “e il tempo stringe. Devo portare via il tuo rampollo, ora! Ma devo ancora farti una domanda… e la risposta che mi darai potrebbe salvare il mondo. Tutti i mondi, invero, se la missione di Vitt avrà successo! Quindi, fai attenzione…”
Il Cavaliere tentò di sollevarsi su un gomito, ma la freccia conficcata nel suo costato gli impedì di avere successo nell’operazione. Il mio maestro ricadde a terra con un tonfo sordo, emettendo un gemito liquido di dolore.
“Non…”, disse, “… non lo porterai da nessuna parte! Non ti permetterò di… di ucciderlo… e di distruggere l’Ordine… non ora che l’ho trovato…”
“Non sono qui per uccidere o distruggere!”, sbottò il Nano, diventando rosso in volto. “Se avessi voluto far fuori Vitt, lo avrei potuto fare senza problemi! Hai sempre predicato la visione estesa della Realtà, ma tu stesso non sei mai riuscito a vedere oltre il Velo, quando era necessario!”
“Risparmiami la predica…”, tossì il Cavaliere, cercando di mantenere un tono di voce autoritario. “Non siamo più sul campo di addestramento… Ed io… io ho smesso di riporre fiducia in te come facevo in passato…”
“Non abbiamo tempo per questa vecchia storia!”, lo interruppe il Nano, seccamente. “Il tuo rancore non deve renderti cieco… non adesso che sei così vicino a compiere ciò per cui sei stato addestrato! Io posso aiutarti, ma tu devi dirmi una cosa…”
Il Cavaliere rimase in silenzio, respirando affannosamente. L’aria intorno a noi si animò di un leggero vorticare d’aria che fece stormire le fronde della foresta. Il Nano si avvicinò al volto del Cavaliere e domandò: “Hai comprato quella giarrettiera che desideravi tanto?”
Per poco non scoppiai a ridere. E probabilmente l’avrei anche fatto, se la situazione non fosse stata così drammatica, con il Cavaliere (Don! Donald Drumstick alias Don Cosciotto!) in punto di morte e due sconosciuti a minacciare le nostre vite.
Il Cavaliere tossì un paio di volte, poi una luce strana gli illuminò gli occhi. “No”, mormorò. “Non… non le ho comprate, no!”
Il Nano emise un sospiro di sollievo e trattenne a stento un sorriso. “Bene!”, disse infine. “La Convergenza ha subìto uno scarto, dunque! Minimo, ma pur sempre di uno scarto si tratta! Eccellente!”
Il Cavaliere rantolò sommessamente. Era evidente che ormai non gli rimaneva molto da vivere. Sollevò una mano e mi indicò, tremante. Il Nano mi guardò per qualche istante, poi mi fece cenno di avvicinarmi.
“Mi dispiace per come sono andate le cose, matricola”, disse, rivolto al Cavaliere, “e per averti tenuto nascosto ciò che stavo facendo. Hai ogni diritto di dubitare di me, ma in nome della nostra amicizia, ti chiedo un ultimo favore… Credimi quando ti giuro che farò di tutto per proteggere Vitt!”
Il Cavaliere non rispose, ma penetrò il Nano con uno sguardo di pietra. Non sembrò sortire nessun effetto particolare sul Nano, che sostenne tranquillamente lo sguardo. Quando fui accanto a loro, il Nano si alzò e mi squadrò per l’ennesima volta, come a voler cercare un foruncolo sul mio viso. “Dì addio al tuo maestro, ragazzo”, disse. “Partiamo tra cinque minuti…”
“Non ci penso nemmeno!”, esclamai. “Non lo lascerò qui a morire!”
Il Nano stava già allontanandosi verso la boscaglia, senza prestarmi orecchio. Un’Elfa Oscura, l’arco a tracolla, gli stava venendo incontro.
“Hai sentito cosa ho detto?!”, dissi con forza. “Non verrò da nessuna parte con…”
“Fratello…”
La voce del Cavaliere, debole come il vagito di un neonato, placò istantaneamente la mia rabbia e la mia frustrazione. Mi voltai verso di lui e vidi che il momento era giunto. Il mio maestro, colui che in questi ultimi tempi potevo considerare alla stregua di un nonno, se non di un padre, stava per morire.
Mi inginocchiai di fianco a lui e gli posai una mano sulla spalla, facendo attenzione a non urtare la freccia che ancora spuntava dal suo costato. Quasi sentii gli odori della locanda del signor Fried dove ci eravamo conosciuti, in un déjà-vu che mi fece pizzicare gli occhi.
“Fratello…”, ripeté il Cavaliere. “Sto per attraversare il Velo… e ho paura…”
Annuii, cercando di confortarlo, ma non riuscii a dire niente. Ero certo che qualunque cosa avessi detto, sarebbe apparsa terribilmente fuori luogo.
“Gorin…”, riprese il Cavaliere, indicando il Nano, “… è l’unica persona che possa aiutarti, da qui in avanti… E’ stato il mio… il mio maestro… tanto tempo fa… Ma devi stare attento… L’ombra del tradimento sovrasta… i Cavalieri del Pollo di Gomma… da sempre!...”
Lo stavo perdendo. La sua voce si faceva sempre più fioca e i suoi occhi iniziavano a chiudersi. Lo stavo perdendo e non riuscivo a dire niente.
“Rifonda… l’Ordine…”, disse il Cavaliere. “Che il Pollo di Gomma sia…”, e spirò, senza concludere la frase.
Attorno a me, il mondo si era fermato. Non un rumore, non un movimento a turbare l’enormità di ciò che era appena avvenuto. Instupidito dal dolore, mi ritrovai calmo in una maniera sovrannaturale, quasi distaccato dal mio stesso corpo. Scostai una ciocca di capelli dal volto rugoso del Cavaliere e lasciai che una piccola lacrima solitaria mi rigasse il volto.
“Che il Pollo di Gomma sia con te, fratello…”, gli augurai, per l’ultima volta.
Passò qualche istante prima che mi risvegliassi da quella trance; poi, mi accorsi di stringere un piccolo oggetto molliccio. Il déjà-vu divenne così intenso da farmi sobbalzare, mentre guardavo il minuscolo portachiavi a forma di pollo di gomma che stringevo convulsamente nel palmo. Un piccolo oggetto per una grande promessa. Una promessa che avevo tutta l’intenzione di onorare, a costo della vita.
Mi alzai in piedi e invocai una preghiera silenziosa al Pollo di Gomma, affinché accompagnasse Donald Drumstick, Don Cosciotto dei Cavalieri che furono, nell’ultimo tratto di strada al di là della vita terrena. Poi rimisi in tasca il portachiavi e mi voltai verso il Nano (Gorin, lo aveva chiamato il Cavaliere) e l’arciera di nome Sara. Adesso ero io, dunque, l’ultimo Cavaliere del Pollo di Gomma; avevo una missione da compiere…
… una missione che passava sopra i cadaveri degli assassini del mio maestro.
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